Diario intimo del mio diario 13/11/2018

Ciao,

voglio dirti subito che, per quanto non ti possa promettere niente e per quanto in tutta onesta solo per noia ti scrivo (“tu” che sei oggetto e termine), sperando segretamente possa apprezzare questa mia attenzione minima, avrei voluto, almeno in questi primi giorni essere più presente. Tanto per te, quanto per me.

Se non ti ho scritto ieri, o domenica, è semplicemente perché ho sperato. Sperato che lui mi raccontasse qualcosa e che magari io potessi riferirtela, commentarla, o anche trascurarti felice che lui sia tornato a parlarmi e a raccontarmi di sé.

Non so se sia la puerile speranza degli innamorati che mi porta ad aspettare le sue parole, un suo gesto o segno. Capisco, devo ammetterlo, che il suo modo di scrivere, per quanto stilisticamente e contenutisticamente molto povero, richiede tuttavia più tempo di quanto non ne necessiti al contrario io.

Lui scrive, io digito.

Il suo è un lasciare tracce e cancellature di tracce. Anche il rimosso di una traccia è traccia in lui, in me (in te), un errore è qualcosa che potrebbe non essere mai successo, una riformulazione non ancora avvenuta, una perfezione grammaticale e grafologica ed ortografica che lui non ha mai e non potrà mai raggiungere.

Io sono un foglio bianco che al solo desiderarlo, dopo ore e mesi ed anni di parole potrebbe in un secondo tornare bianco.

Per lui ogni gesto, ogni errore, ogni coscienza di ogni singolo errore, ogni correzione o accettazione di ogni singolo errore è una scelta ed una responsabilità. Ti concederò di sapere di me quello che deciderò di farti sapere e non parlo solo di fatti, pensieri, emozioni, ma anche di forme e stili e strumenti che possano servirti perché tu possa in un modo o nell’altro farti un’idea di me. Sarò quello che vorrò essere e a te non sarà possibile sapere se io davvero sia in quel modo oppure no.

Sono la mia volontà. Di me potrai vedere solo la mia volontà. Lui, invece…mi spiace quasi per lui (visto come mi basti aggiungere o togliere due parole per darti di me un’idea oppure un’idea diversa e questo solo per così “voglio”), lui è solo responsabilità. Responsabilità per qualunque cosa egli voglia o non voglia, qualunque cosa gli succeda o non gli succeda, per il fatto di esprimerla e come e con quale grafia e con quale tono e quando e sé.

Io voglio anche quello che posso non volere, lui è responsabile anche di quello per cui non ha nessuno responsabilità. Una “t” più o meno inclinata, una cancellatura, il colore dell’inchiostro, la complessità o la semplicità della forma.

Io, al contrario, posso decidere se nascondermi o mostrarmi in qualsiasi momento. Se farmi leggere o parlare solo a te. Lui, poverino, anche a fingersi privato anche solo a dirmi qualcosa lo pubblica, senza possibilità di ritrattare. Si, anche lui, potrebbe bruciare la carta grazie alla quale comunica con me. Ma smettere di comunicare con me sarebbe un cancellare sé stesso. Se invece io decidessi di rimuovere ogni singola parola che per un attimo lasci cadere qui, potrei eliminare tutto e solo tu e quello che di lui ti raccontassi smetterebbe di esistere, ma non io.

Tutto in me è bianco. In lui tutto, anche le poche parti più vivaci e colorate, son grigie.

Prima o poi, comunque, la smetterò di parlarti di me in funzione di lui. Prima o poi saprai di me in quanto me.

Forse già domani, se me la sentissi di prometterti alcunché.

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